Il 1 gennaio 2021 è entrata in vigore la nuova definizione di default, ovvero del nuovo criterio di classificazione della clientela da parte di banche e intermediari finanziari.
La normativa introduce nuovi e più stringenti criteri di classificazione dei crediti come deteriorati.
Come incidono i nuovi criteri sulla valutazione dell’affidabilità creditizia delle imprese? Fortunatamento meno di quanto si pensi.
L’entrata in vigore della nuova normativa è stata annunciata con toni “poco rassicuranti” da parte della stampa. Più in particolare è stato veicolato il messaggio che basterebbe un rosso di € 100 (€ 500 per le imprese) per essere classificati in default.
Tale affermazione, pur vera, rappresenta però solo metà della questione.
La nuova definizione di default si applica infatti agli arretrati di oltre 90 giorni al verificarsi di entrambe le seguenti condizioni:
Così se da oltre 90 giorni ho un’arretrato di € 1.000 su una rata di un mutuo da € 120.000 non sarò classificato in default perché lo scaduto è inferiore all’1% dell’esposizione. Ma se, in assenza di linee di credito aperte con la banca, il conto corrente è in rosso per € 100 trascorsi 90 giorni di arretrato il debito sarà classificato in default.
Ovviamente, la sola classificazione del debito in default, non significa che il soggetto sia in default.
Il termine default può infatti indicare situazioni finanziarie più o meno gravi.
Solo un’approfondita analisi dei dati di bilancio della società e dell’andamento del settore in cui opera può fornire una valutazione complessiva dello stato di salute della società, che non può essere ridotto allo stato dei singoli rapporti di credito intrattenuti dal soggetto con il sistema bancario.
La valutazione va inoltre sempre rapportata a quella ottenuta negli anni precedenti per poter verificare il tipo di percorso che l’impresa sta compiendo.
Lo Studio è a disposizione per affiancarti in una corretta analisi della Tua posizione, verificarne le criticità, individuarne le soluzioni, verificarne i risultati